ETERNALKEYS
“Arcanum Secret”
(Anno 2013 – Autoprodotto)
Italia
Italia
Il pianoforte, ali di una creatura che in solitudine ci porta ovunque, tra lande incantate o fenditure strette, nell’animo del compositore sino a chi lo riceve ascoltandolo: ali per volare ovunque, con passione ed un pizzico di malinconia, da sempre veicolo e tramite, icona romantica o barocca della musica classica.
Mimmo D’Ippolito nella sua esecuzione sonora dispiega le ali della fantasia cinematica e nella sua terza composizione con il monicker Eternalkeys lo possiamo inquadrare come ottimo link tra il minimalismo pianistico nordico ed alcuni aspetti esistenti nell’immaginario fairy gotico, “Arcanum Secret” è la perfetta colonna sonora di una favola cupa ed immaginifica, alternanza sublimata tra aspetti e languori eterei e bui sentieri illuminati da un pallido sole tra lande fantastiche, la musica di un viandante solitario tra Terre abbandonate raccontate con la ‘voce’ di dieci tracce che sussurrano percezioni, tingono di colori forti e pastelli diafani le note di una composizione senza frontiere, attraverso soundscape che vi chiedono la definizione onirica di piccoli idilli, piccole percezioni di scenari quieti, arcaici, il titolo è la chiave del tutto.
Ali candide screziate di porpora, ali soffici cui aggrapparsi nel volo libero tra nubi, ali che planano tra venti gentili o sbattono assieme per innalzarsi verso il Cielo, abbandonandosi al mood neo-barocco od ermetico, in questo diviene forza tratteggiante l’uso da protagonista del pianoforte o gli spessori quasi marziali delle tastiere.
Immaginate la musica di Ataraxia senza chitarra, voce e percussioni, le iberiche, rinascimentali, immagini sonore di Old Village, le medesime sensazioni tra colli seicenteschi de L’Effet C’Est Moi di un’Italia poetica che si narra tra Signori e feudi, pellegrini e mito.
“Dragon’s Gate” o “Second War” sono arazzi popolari di una sonorità maestosa che si alterna con tracce in cui la fragilità degli ottantotto tasti invece diviene introversione elegiaca, “Letters And Pages” in apertura, “Farewell To Childhood” ed i suoi picking di chitarra sono il tempo che si ferma e riflette sull’immensità alla fine così minimale della vita che scorre dispersa nel tempo, disciolta come memoria liquida nello spazio dimensionale, tutto è il tutto, senza riferimenti.
Il volo…
Una possibilità affatto remota, ovunque, su ambienti diversi ognuno con il suo fascio intrinseco, “Glacial Wind” inizia arida in temperature sterili ma il suo evolversi tra glitch speziati in un’IDM incursiva trasforma l’apparenza in altro, mutando la cognizione del reale in quel meraviglioso anfratto domiciliato nel cuore dove la libertà ha il gusto dell’irreale.
Nicola Tenani
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